Hello everyone.
Volevo annunciarvi che sul blog -> Dreaming Fantasy <- è in corso un -> Giveaway <- che vi permetterà di vincere una copia cartacea del primo volume di Gheler l'esploratore! Per partecipare compilate il Form e lasciate un commento con la vostra mail.
Poiché risulterebbe un post scarno e privo di contenuti dedito al solo informare, condivido con voi l'intero prologo, mentre nel post del Giveaway troverete un altro estratto rubato a uno dei diari di Gheler.
Prologo
(Note personali di Dae)
Non ho
mai narrato una storia, mi sono sempre limitata ad ascoltarle dalla bocca di
mia madre e mai mi sarei aspettata di scriverne una. In realtà avrò poco più di
qualche pagina per parlarvi di me, ma questo poco importa. Il tomo è dedicato
ai racconti di mia madre e alla sua avventura. Ho racchiuso insieme i diari
degli esploratori, ed ho capito che ogni singolo essere vivente ha una storia
da raccontare, ogni Etne che vedo passeggiare da sopra i rami del mio Ledah ha
pagine bianche che può riempire, ogni Elielan che attraversa il piccolo fiume
Dano, ogni Nuriano che giunge nella radura insanguinata per lodare la grande
battaglia, ogni Orghen che attraversa le paludi per venerare le ceneri dell’albero di fuoco. Ma tutti loro ricorderanno per
sempre questa, la storia di Gheler l’esploratore, di Adne la ribelle, di Elden il
pesce di terra e del principe esiliato Adeleo. Chi mai si dimenticherà di loro?
Concludo
questo prologo con una piccola prefazione del finale. Il mio nome è Dae, ho
quarant’anni, pochi per noi Etne, un’adolescente si potrebbe dire in termini umani.
Sono l’unica figlia di Adne, come mi definiva lei: il frutto dell’amore che corre su sentieri inesplorati, un
frutto, aggiungerei, malinconico. Anche se mi rivolgo a lei al passato, Adne
non morì durante la sua avventura ma ciò nonostante non ritornò mai nel Sialden. In verità è ancora presto per dirvi come si conclude la
sua storia.
Tutto
cominciò nel pieno della stagione del sole, qualche giorno dopo l’arrivo del mese della pace. Secondo il calendario
Nuriano, il terzo giorno d’agosto. Il mese della pace è il periodo più atteso e allegro dell’anno, considerando le numerose feste e i
fastosi banchetti. Chi era bravo a danzare danzava, chi amava cantare cantava,
gli anziani narravano storie del passato ai bambini mentre i giovani le
riproducevano in ballate e la musica non si fermava mai, nemmeno di notte, o
almeno questo succedeva prima dell’arrivo dei senza-legame.
Meno di
un milione di Etne popolavano queste terre ai tempi del dominio di Nuria. Il
Sialden si era rimpicciolito sempre di più e la nostra razza correva verso l’estinzione. Gli uomini recidevano avidamente
gli alberi per costruire i loro ripari e sapevano bene quanto la legna dei
nostri boschi fosse speciale.
Adne era
la figlia dell’anziano Dadlan, uno dei quattro consiglieri dell’Etne che guidava quello che un tempo restava
del Sialden. Per chi non lo sapesse noi Etne siamo una delle ultime razze,
salvo gli Elielan, ancora legati all’aspetto primitivo della natura. Le nostre
orecchie hanno la forma di conchiglie e chiocciole, i nostri capelli cambiano
colore insieme alle foglie degli alberi cui siamo legati, quindi verdi nella
stagione del sole, dal rosso al giallo in quella dell’acqua, neri o bianchi in quella del gelo e, in
base al tipo di fiori del Ledah, del loro medesimo colore in quella della
terra. L’unica cosa che distingue un Ledah da un altro è proprio la sua fioritura. Si pensa anche che
un diverso tipo e colore di fiore possa plasmare il carattere degli Etne. Il
fiore di Adne era quello bianco della fanciulla. Al contrario del tipo, il suo
colore era quasi una rarità nel Sialden, poiché il bianco, insieme al nero, indica un senso di
distaccamento dal Ledah e una sovversiva voglia di fuggire lontano. La
fanciulla invece è un tipo di fiore che, come il nome stesso suggerisce, spesso si
trova nei legami delle donne e che rappresenta una personalità sensibile dalla lacrima facile; Ma partiamo
dall’inizio.
Quando
un Etne nasce, stringe nella piccola mano un seme. I genitori hanno l’obbligo di piantarlo e di curarlo fino a quando
l'Etne a esso legato non sarà in grado di farlo con le proprie mani. Nel giro
di anni la pianta diventa un albero che cresce in base alla cultura, alla
saggezza e all’intelligenza del suo Etne, l’età media di ciò è di circa dieci anni, quando il nostro aspetto
comincia a maturare in quello di un adolescente. Da quel giorno in poi, la
nostra vecchiaia camminerà di pari passo con quella del Ledah che diventa
una specie di genitore, di desiderio, di voglia. Tra i suoi fiori e dalla sua
corteccia cresce tutto quello di cui l’Etne ha veramente bisogno, quindi nulla di
futile, e ciò comprende cibo e acqua sempre in quantità giusta, mai ho visto un mio simile lamentarsi
per la pancia troppo piena, le coppe finiscono all’unisono con la sete come il cibo lo fa con la
fame. Inoltre fa crescere vestiti, bracciali, collane, anelli e armi,
ovviamente solo quando l’Etne ne ha veramente bisogno.
In
sostanza, la vita del Sialden è una vita piena di pace e amore, una vita priva
di odio e di avidità. Fatte rare eccezioni, tra gli Etne non esistono
discriminazioni, non esistono classi sociali, non esiste l’omicidio, la guerra per il potere, la violenza,
l’odio;
una vita fortunata, potrebbe dire qualcuno ma io, così come la cara Adne, non ne sono pienamente
convinta. Tutta questa pace ha un prezzo che gli Etne pagano ogni giorno della
loro vita senza accorgersene e che riguarda l’inviolabile legge dei Ledah. Quando l’Etne e il proprio legame sono vicini, nascono
dei limiti nei sentimenti umani. L’incapacità di soffrire la fame, il freddo o la
stanchezza, l’inettitudine di provare avidità, odio o rancore causata da una vita agiata,
crea inevitabilmente incomprensione verso chi invece soffre ogni giorno.
Inoltre, il Ledah finisce persino per guidare l’amore, un aspetto del legame che Adne odiava e
che, di conseguenza, fu la causa dell’inizio della sua storia.
E riproviamoci ahah xD
RispondiEliminaahahah buona fortuna! :P
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